L’isolamento non solo geografico ed il sentimento di individualità e di autonomia dei Sardi hanno suscitato un vivace movimento di opinione inteso a riconoscere alle parlate sarde con le loro illustri origini neolatine lo status di lingua di minoranza da tutelare.
L’isola fu, durante i 4000 anni del Neolitico, la ‘terra dell’oro’: l’oro sardo, una pietra vetrosa di origine vulcanica, l’ossidiana, usata per costruire lame, punte di freccia e raschiatoi, attirava sull’isola genti provenienti dall’Asia, Africa e Europa, che parlavano lingue mediterranee preindoeuropee di cui si trovano sporadiche tracce nell’odierno sardo.
La lingua sarda nasce, al pari delle altre lingue romanze o neolatine, dall’evoluzione del latino importato nell’isola dai Romani a partire dal III secolo a.C. Alla crisi dell’impero la Sardegna cadde sotto il controllo dei Vandali per esser riconquistata dai militi greci dell’impero bizantino, ma l’idioma latino era ormai diffuso in tutta l’isola e rimase il carattere primario della sua costituzione linguistica. A fronte di una sostanziale unità dei suoi caratteri costitutivi, verso l’inizio del secondo millennio d.C. i primi documenti scritti testimoniano il sorgere di differenziazioni interne in particolare tra le varianti meridionali e quelle settentrionali.
Per gli studiosi della latinità e delle lingue romanze il sardo si è conquistato un suo posto particolare quale caso tipologico di lingua che, nonostante la sua evoluzione, è rimasta molto vicina alle forme del latino originario. Successivamente, per effetto delle diverse genti che giungono nell’isola fino ai giorni nostri, la lingua autoctona viene esposta, in misura diversa, all’influenza di diverse lingue esterne che ne modificano e arricchiscono in modo particolare il lessico. Nonostante le classi dirigenti isolane abbiano abbracciato di volta in volta la lingua dei dominatori, dando vita a un sostanziale plurilinguismo, le popolazioni restano attaccate pervicacemente alle varietà della loro lingua facendola sopravvivere fino ai nostri giorni.
La Sardegna è la regione italiana più ricca di documenti in volgare risalenti al XI e XII secolo. In quest’isola il latino era poco conosciuto anche fra i ceti più elevati e nelle cancellerie; perciò anche i documenti ufficiali di carattere giuridico, per essere divulgati e compresi da tutti, furono redatti in sardo.
Tra i primi documenti si trova un privilegio logudorese risalente alla fine del XI secolo, una carta cagliaritana a cavallo tra l’XI e il XII secolo e i più famosi Condaghes, raccolte di atti giuridici dei conventi. Rilevante sia sotto il profilo linguistico che del diritto è la “Carta de Logu”, una corposa raccolta delle leggi del Giudicato di Arborea, emanata nel XIV secolo.
I primi documenti, di natura ufficiale, attestano una sorta di originaria unità linguistica, vi si ritrova una lingua sarda pressoché identica a quella attuale, almeno per quanto riguarda il raffronto con i dialetti sardi più conservativi.
L’omogeneità del sardo antico si perse molto presto. Il lessico del sardo non è uguale in tutta l’isola; ogni zona geografica ha avuto una sua evoluzione storica con importi da altre lingue che caratterizzano tuttora le diverse varietà del sardo; ciò che è rimasto costante è la struttura, i suoni e la musicalità. I suoni duri, il conservatorismo vocalico, il raddoppiamento consonantico, un certo ritmo della parlata, sono caratteristiche comuni, e soprattutto chi non è sardo le riconosce, come tipiche della parlata isolana.
In Sardegna, lingua e territorio non coincidono: oltre a “sa limba” propriamente detta sono presenti infatti altre varietà e parlate di origine alloglotta quali il catalano che dal 1353 si parla ad Alghero, il gallurese e il sassarese (che sono considerate varietà-ponte con il corso) e il tabarchino, dialetto di origine genovese parlato dal 1736 a Carloforte dai discendenti di coloni liguri provenienti dall’isola di Tabarca e da Pegli.
Per la Sardegna la lingua e la cultura sarda sono una ricchezza da salvaguardare e promuovere anche fuori dall’isola. Nell’aprile del 2006 la Giunta regionale, ha formalizzato e adottato un protocollo di scrittura “sa Limba Sarda Comuna” (la lingua sarda comune), che è il secondo tentativo ufficiale di creare una lingua ufficiale da utilizzare nell’amministrazione pubblica; contemporaneamente è stato creato un ufficio per monitorare le attività di valorizzazione della lingua sarda.
Dal 1997 la lingua sarda è lingua ufficiale della Sardegna, in regime di coufficialità con la lingua ufficiale dello Stato italiano.
L’area sardofona costituisce la più consistente minoranza linguistica in Italia riconosciuta dallo stato. Gli esiti della ricerca sociolinguistica commissionata all’Università di Cagliari nel 2007 dall’Assessorato P.I. della R.A.S., attestano che il 68,4% dichiara di parlare la lingua sarda mentre il 29% dichiara una competenza solo passiva. Solo il 2,7% degli intervistati dichiara di non parlare e di non capire la lingua sarda.
(a cura di D.Morelli T.Senesi)
Nessun commento:
Posta un commento