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sabato 26 novembre 2011

DSA


COSA POSSIAMO FARE OLTRE A QUANTO DISPOSTO
 dalla legge 170/2010
 che riconosce la dislessia, la disortografia, la disgrafia e la discalculia
come disturbi specifici di apprendimento (DSA) 

-usare la lingua straniera in classe (i DSA imparano dall’esperienza)
-evitare test essenzialmente grammaticali (se è difficile
decodificare e mettere nella corretta sequenza la lingua madre,
farlo in lingua straniera può essere insormontabile e l’insuccesso
quasi garantito) o, peggio, traduttivi.
-nei compiti in classe leggere la consegna ad alta voce e verificarne
la comprensione
-negli esercizi proposti fornire l’esempio oltre alla consegna
-privilegiare gli approcci in cui la lingua è considerata un metodo di
comunicazione (metodo induttivo) e in cui l’orale è importante quanto
lo scritto e che la rendono accessibile anche a chi (DSA) ha uno stile
di apprendimento molto particolare (prevalentemente visivo)
-usare modalità di insegnamento diversificate
-seguire un programma in maniera lineare e progressiva evitando
accuratamente salti nel livello di difficoltà proposto
-introdurre un elemento nuovo alla volta
-valutare sempre il rapporto tra risultato e sforzo richiesto: per es.
quando l’ investimento è sproporzionato rispetto a risultati
comunque mediocri o non discriminanti ai fini della comunicazione
(esempi classici: differenza tra I am going to e I am –ing oppure
tra simple past e present perfect)
-attenersi al testo e predisporre esercizi di verifica con il lessico
proposto dal testo e non su aree lessicali diverse o mai introdotte
prima.
-è sempre opportuno fare una simulazione della verifica se possibile
-depenalizzare l’errore spiegando che fa parte del processo normale
di apprendimento (vedere programmazione didattica di inizio anno)
-programmare lezioni di gruppo per la correzione del compito in
classe con ricerca della versione corretta avvalendosi del testo di
studio, consultando i compagni o, infine, rivolgendosi all’insegnante
che si rende disponibile muovendosi tra i banchi (sono i principi del
cooperative learning).
-aiutare gli studenti a valutare i propri errori mostrando come
spesso hanno ripetuto lo stesso errore (è utile che contino le volte:
p. es. l’articolo o il do/does) e come sarà facile aumentare il voto
correggendo già solo quello
-far ripetere oralmente (a coppie) la correzione dell’errore ripetuto
più volte in una verifica, con la relativa spiegazione (cooperative
learning)
accontentarsi di risultati parziali confidando in un apprendimento
per accumulazione nel tempo (grazie all’ampliamento del contesto
che rende chiara la funzione delle singole parti) anche verso la fine
di un ciclo
permettere agli studenti di ripetere la stessa verifica quando sente
di avere superato gli ostacoli iniziali o comunque dargli atto che li ha
superati
nelle lezioni seguire una routine:
dare riscontro immediato e regolare al lavoro fatto a casa con
correzione in classe
assegnare regolarmente compiti per casa ogni lezione in una quantità
gestibile e correggibile (il discente dislessico impiega molto più
tempo degli altri a fare gli stessi compiti (per Lorenzo Caligaris,
pedagogista all’Ospedale Riguarda di Milano, 5 volte tanto) perciò
beneficia di una riduzione sul carico di lavoro domestico secondo le
circolari ministeriali
non dare mai delle acquisizioni passate per scontate (spesso
un’acquisizione avviene a scapito di una precedente) ma procedere
serenamente alla ripetizione resasi necessaria
programmare frequenti ripetizioni in itinere e in seguito cicliche per
moduli (è utile assegnare del tempo – da 1 a 3 minuti – per il rapido
ripasso individuale di un elemento grammaticale e/o fraseologico
lessicale, chiedendo poi ai discenti di ripeterlo in cooperative
learning e poi all’insegnante
usare la stessa terminologia in maniera sistematica (per es.
scegliere tra forma base del verbo o infinito)
non rilevare gli errori interrompendo durante una prestazione orale
nel commento ad un’interrogazione, identificare gli aspetti positivi
prima di quelli negativi dimostrandosi ottimisti quanto alle
possibilità di recupero alla fine del modulo di apprendimento

La valutazione
-proporre esclusivamente verifiche del programma effettivamente
svolto e ripetuto in classe
-mostrare ottimismo sulle possibilità di recupero, indicandone però
le priorità operative e compatibili con le circostanze
-ricordare che l’importante è che ci sia un miglioramento rispetto al
livello di partenza
-non dare eccessiva importanza ad errori che non rechino
pregiudizio alla comunicazione e alla comprensione (cfr. Michael
Swan)
-dare un commento positivo ed incoraggiante facendo notare
(durante la correzione in cooperative learning) quali errori
ricorrenti hanno portato ad una valutazione negativa e come anche
solo la correzione di alcuni di essi (dire quali) avrebbe comportato
una valutazione ben migliore (dire quale),
-nel caso la dislessia sia molto grave è possibile che i risultati di una
verifica scritta siano negativi in ogni caso. La cosa migliore è
ripetere la verifica in forma orale con del materiale adattato allo
scopo. (Se il test è a livello elementare-intermedio - ma anche più
elevato - si dovrebbero inserire esercizi che siano basati non solo
sulle parole ma che contengano vignette, fotografie, registrazioni
video. cfr Naldini).
-tenere presente che lo studente dislessico può dare un’idea di sé
più negativa di quella reale, sia perché anni di difficoltà scolastica e
di vuoti didattici accumulati li rendono veramente poco abili, sia
perché i DSA danneggiano l’immagine del discente sia infine perché
il dislessico ha elaborato una strategia per cui preferisce dare di sé
l’immagine di chi non ci tiene piuttosto che di chi non ce la fa
(soprattutto di fronte ai compagni) per attenuare il proprio
sentimento di inadeguatezza di fronte a un nuovo fallimento. Non
dimentichiamoci i casi in cui alcuni di loro, seppure con
un’intelligenza superiore alla media, hanno dato l’impressione ad
alcuni insegnanti poco preparati, di essere dei ritardati mentali.
(cfr. Naldini)


I due punti principali per evitare errori didattici irreversibili sono
secondo Chiara Naldini:
1. La multimedialità e il ricorso alla tecnologia sono da preferire non
solo per la lingua straniera ma anche per tutte le discipline.
2. Non conoscere o misconoscere il vissuto personale del discente
dislessico vuol dire non essere in grado di apprezzare i suoi sforzi e
capire le sue reali possibilità. L’approccio comunicativo-affettivo
permette di instaurare un rapporto di mutua collaborazione che non solo
contribuirà al mantenimento della motivazione allo studio ma potrà aiutare
il dislessico nel difficile compito di superare le frustrazioni accumulate
da anni di disagio ed emarginazione scolastica.


Fonti: Giacomo Stella, La Dislessia, Il mulino 2004
Giacomo Stella, In classe con un allievo con disordini
dell’apprendimento, Fabbri editori, 2001
Chiara Naldini, La dislessia e l’apprendimento dell’italiano come
lingua straniera, Masteritals in didattica della lingua italiana a
stranieri, Università Ca’ Foscari di Venezia, 2002
Michael Swan,



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