La celebrazione della vigilia di Ognissanti, in Sardegna, prende il nome di Is Animeddas (Sardegna del Sud) o Su Mortu Mortu (Sardegna del Nord), ma le denominazioni cambiano da paese a paese (Su Prugadoriu a Seui, ad esempio).
Is Animeddas non è un assaggio di “Carnevale” come è stato detto, e con le usanze scozzesi, non lo metto in dubbio meravigliose, ha in condivisione la sensibilità umana. A tirar su il naso per aria ci si rende conto facilmente che tra la fine di ottobre e gli inizi di novembre le giornate si fanno drasticamente più corte e le ore di buio aumentano spaventosamente. Per chi sa che il regno dei morti è fatto di buio, non è troppo difficile capire perché in buona parte del mondo si è certi che proprio durante questi giorni, chi lo desidera, possa ritrovare un contatto con i propri avi defunti. In Sardegna il culto dei defunti e la riverenza nei confronti delle anime, che esse siano bonas o malas è antico come le pietre e non accenna a voler scomparire.
La Sardegna celebrava quelle giornate magiche che dividono ottobre da novembre con rituali e festeggiamenti simili in tutta l’isola: is animeddas, is mortus, sos mortos, o su mortu mortu.
La tradizione isolana non ne dubita, la notte del 31 di ottobre il portone che costringe altrove le anime del purgatorio si apre d’improvviso permettendo a queste d’abitare le case che un tempo furono di loro proprietà, o di visitare quei luoghi ai quali, per l’uno o per l’altro motivo, si sentono profondamente legate.
I bambini sardi nella magica notte, vagavano vestiti di stracci, quasi a voler simboleggiare le anime dei piccoli defunti e bussavano di porta in porta domandano secondo una formula che differisce di località in località, una piccola offerta per le anime costrette fra il paradiso e l’inferno. Secondo l’uso locale, che lentamente si sta riscoprendo, potreste dunque sentirvi chiedere , ripetuto in cantilena: “seus benius po is animeddas” oppure “mi das fait is animeddas” o ancora “su bene de sas ànimas” o “carki cosa po sas ànimas”.