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domenica 27 gennaio 2013

Serramanna dell'ottocento

Quello che segue è il contenuto della voce SERRAMANNA  Città e villaggi della Sardegna dell'ottocento Vittorio Angius Pabillonis-Zuri ed. Ilisso a cura di Luciano Cata  pagina 1567. Lo riporto integralmente, perché rappresenta uno specchio fedele di come stavano  le cose nel Paese quel periodo.

Angius Casalis - 1850
Sul finire degli anni 20 di due secoli fa l'abate torinese Goffredo Casalis decise di pubblicare il Dizionario geografico storico statistico commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna. E nel quadro dell'importante e complessa iniziativa fece una scelta certamente indovinata: dare l'incarico di raccogliere tutte le informazioni sulla Sardegna a padre Vittorio Angius, cagliaritano, scolopio, insegnante, uomo politico, scrittore, giornalista, studioso infaticabile e ricercatore scrupoloso. Angius accettò subito e con grande entusiasmo. E immediatamente inviò un questionario molto dettagliato a intendenti, vescovi, parroci, sindaci e intellettuali. Dal canto suo riprese lo studio di opere storiche considerate affidabili. In breve raccolse un'enorme quantità di materiale, tanto da essere indotto a questo ragionamento: "difficilmente Goffredo Casalis potrà gestire una tale valanga di informazioni, meglio sarebbe se mi incaricasse di scrivere le "voci" che riguardano la Sardegna". L'abate torinese non se lo fece dire due volte. E Vittorio Angius, per assolvere al meglio il qualificato e qualificante incarico, iniziò un viaggio che doveva durare oltre nove anni e durante il quale visitò la Sardegna paese per paese studiando con rigore e pazienza gli usi, i costumi e la lingua parlata in ciascun centro, facendo incetta di informazioni e dati sulla popolazione, sulle attività economiche e prendendo appunti precisi, infine, sulle caratteristiche delle abitazioni private e dei pubblici edifici.


SERRAMANNA 

La Storia (si riporta integralmente senza correzioni)

SERRA-MANNA [Serramanna], villaggio della Sardegna, nella provincia di Cagliari, capoluogo di mandamento sotto il tribunale di prima cognizione di Cagliari, e già parte dell’antica curatoria di Parte Gippis, che era uno de’ dipartimenti del regno di Cagliari, o Plumino.

La sua situazione geografica è nella latitudine 39° 25' 20" e nella longitudine occidentale dal meridiano di Cagliari 0° 12'.

Siede sulla sinistra del fiume Caralita in una ripa di mitissima pendenza verso il libeccio e tiene ancora la sponda della medesima, sì che la sua parte superiore è esposta a tutti i venti, mentre l’inferiore è riparata un poco dal levante e da’ suoi collaterali per lo stesso rilevamento del suolo.


Il caldo è più sentito nella parte sottogiacente, che in quella che resta sopra la sponda dell’altipiano, perchè assai meno ventilata: il freddo è ordinariamente mitissimo nell’inverno, perchè di rado il termometro segna sotto il + 8° di Reaumur; ma se sia esasperato da’ freddi fiati dell’aquilone è sentito egualmente nella parte superiore e nella inferiore.

Ordinariamente, come nelle altre regioni de’ piani meridionali, le pioggie sono scarse, perchè in comune di rado piove bene più di trenta volte, tra l’autunno, l’inverno e la primavera.

L’umidità è una affezione quasi perpetua dell’atmosfera de’ luoghi bassi non solo nelle stagioni umide, ma anche nell’estate, e si sente anche in Serra-manna, massime per la vicinanza del suindicato fiume e di quel suo affluente, che scende dalle montagne d’ Orilla, dalla parte del ponente; aggiungendosi all’evaporazione di queste acque l’umidità che viene trasportata per il levante dalle paludi di Nuraminis.

La nebbia, che sovente ingombra nelle ore mattutina e serotina questo paese, è talvolta assai crassa e nociva a’ vegetabili che fioriscono o maturano i frutti: la rugiada e la brina molto copiosa nella fine delle notti serene.

I temporali che rompono spesso sopra il gruppo delle montagne di Villacidro, non sono così terribili per la fulminazione, nè perniciosi per la grandine, se si estendono sino a questo paese.

L’aria di Serramanna non è salubre in tutte le stagioni, perchè da molti punti, dove sono pantani, esalano miasmi: ma per la ventilazione che gode non è gran fatto maligna.

Dipende dall’uomo il migliorarla diminuendo le fonti della sua contaminazione.

Se il comune sapesse operare secondo le regole della polizia sanitaria farebbe sopprimere dentro il paese quei tanti fossi, in cui si conserva il letame e fermenta, darebbe scolo all’acque ne’ luoghi, dove impaluda, e vieterebbe tante altre cause d’infezione.

Il paese occupa forse un suolo di 300 giornate e più. Le strade sono irregolari nell’allineamento, fangosissime nell’inverno in tutte le parti, e massime nelle più frequentate ed a’ capi del paese.

Il vicario parrocchiale ne fece selciar una in una forma regolare, ma quest’esempio non produsse alcun effetto buono, e i serramannesi seguono a guazzar nel fango in tutte le altri parti del paese, nè ancora pensano a procurarsi il comodo di poter camminare sopra un suolo asciutto e pulito. Avendo prossima molta ghiaja, potrebbero con questa assodarle; ma non se ne curano.

Sonovi due strade longitudinali, denominate, una Bia de Casteddu (via del castello, cioè a Cagliari), l’altraBia de Serra (via della Serra).

Notisi che i sardi chiamano serra la linea angolosa della schiena d’una montagna, o d’una catena di monti e di colline, per analogia co’ denti della sega. E siccome quella linea angolosa, o dentata, è nella sommità, usano però dire serra anche le sommità non dentate.

Quindi si spiega la cagione del nome di questo paese, perchè dicesi Serra il sito, dove si cominciò a fabbricare: il qual sito era nella sommità della ripa che si va elevando dalla sponda sinistra del fiume. La ragione poi perchè questa serra fu detta manna (magna) è nella sua maggior estensione in confronto del rialto meridionale in cui trovasi Sorris, o Villa-Sorris.

Le strade traversali che si diramano dalle suddette strade longitudinali, o le traversano, sono dieci.

Noterò poi tre piazze, che sono avanti tre chiese, e dico la chiesa parrocchiale, quell’Angelo Custode, quella di s. Domenico.

Come negli altri paesi agricoli delle provincie meridionali, ogni casa ha il suo cortile con loggie e stalle per il bestiame di servigio, o almeno un orticello. Si abita nel pian terreno, e se vi sono delle soffitte servono per conservare i cereali e le altre provviste della famiglia.

La costruzione è a mattoni crudi (làdiri) sopra un zoccolo convenientemente alto sul suolo. Le abitazioni restano dentro dei cortili.

Territorio. Il comune di Serramanna possiede un territorio abbastanza esteso, essendo forse la sua superficie non minore di miglia quadrate 15.

Questa superficie è tutta nel piano, solamente si può distinguere in due regioni di livello diverso; la regione orientale, che è un rialto, o un terrazzo di poca elevazione, sulla sponda e ripa del quale abbiamo indicato il paese; e la regione occidentale, che è più depressa nella parte prossima al fiume, e determina questa sola parte, perchè quel piano, essendo inclinato, è nelle parti vicine a’ monti di Villacidro, più elevato che possa essere presso il fiume.

Nel paese sono aperti moltissimi pozzi, ma l’acqua è di non buona natura, e dove più, dove meno, salmastra e grave allo stomaco.

Nelle campagne e in poca distanza apronsi vene di acque pure e salubri. Le principali sono:

Sa mizza dessu Montinali, sa fontana de banju de ludu, sa mizza dessu Leonaji, che dicesi pure de Turriga, sa mizza porceddu, e tante altre che propinano acque potabili.

Sono in varie parti de’ siti acquitrinosi, detti volgarmente tuerras, dove si sono aperti de’ canali per scaricarli del troppo umore, e si può far cultura anche d’inverno.

Queste tuerre sono recinte di siepi vive, verdeggian di molti canneti, ed hanno una superficie più estesa di un miglio quadrato, perchè non sarà meno di 400 ettari, o di mille giornate sarde.

Non si riconoscono in tutto il Serramannese terreni più produttivi.

A poca distanza da’ bassi termini dell’abitato è il canale del fiume Caralita, che scorre a piè della notata ripa, or più, or meno abbondante d’acque, che però nell’estate diminuiscono tanto da lasciar scoperte molte parti del letto con molti pantani.

In esso e prossimamente al villaggio si versa il fiume Leni, che fu indicato di sopra nascente nel gruppo de’ monti di Villacidro, e formasi da’ varii rivoli delle valli, che sono sotto il libeccio di quel paese.

Il Leni nella parte prossima alla confluenza avendo cangiato spesso di alveo ha lasciato scoperte le ghiaje per un tratto di circa due miglia, largo circa un terzo.

Questa regione dispogliata della terra chiamasi da’ paesani flumini becciu (fiume vecchio).

Per causa che il letto del Leni ha poca profondità, spesso a un ostacolo che trovi, o che esso formi quando scendono i torrenti, cangia direzione, e non ha molto cangiò la foce sulla sponda sinistra del Caralita, gittandosi a un terzo di miglio dalla solita imboccatura, perchè passa adesso prossimamente alla chiesa di s. Maria, portando grandi guasti nei poderi che traversa.

A questi danni cagionati dalla corrente che cangia direzione se ne sono aggiunti altri cagionati da maligna volontà, perchè alcuni serramannesi irati a’ villacidresi, che vogliono sostenere i propri diritti sulla regione di Saboddus, prossima alla chiesa di s. Maria, hanno aperto al Leni un varco in certo punto e han fatto discender le acque sopra i seminati de’ villacidresi devastandone un grandissimo tratto. I malfacienti furono arrestati, e il tribunale a suo grand’agio applicherà la legge e provvederà per l’indennità degli offesi.

Il Leni volge acque ottime, perchè nel breve suo corso dalle montane sue fonti scorre in un letto ghiajoso e pietroso; però quasi tutte le case si provvedono dal medesimo.

Ne’ mesi estivi scorre sotto le ghiaje, ma ricomparisce in qualche punto, ed ivi anche in quella stagione attingesi per bere.

Superiormente alla confluenza di questo rivo, nel luogo detto Perdiagiu, entra nel letto del Caralita il canale che porta le alluvioni che prima stagnavano nel bacino di Sabazzu (palude di Sellori).

È da stupire che un comune piuttosto prospero non abbia ancora fabbricato un ponte solido sul fiume, massime che in tempi piovosi la piena vieta i guadi e interrompe ogni comunicazione con la regione della destra, dove si hanno molti poderi.

Si è voluto supplire con un rozzo ponte di legno, ma è pericolo in traversarlo, e talvolta impossibile.

Spesso ho potuto scusare i comuni di non aver fatto ciò che era di loro interesse e non avea nessuna gran difficoltà, per ciò che quei poveri ignoranti non conoscessero ciò che potea vantaggiarli; ma non si possono scusare i serramannesi, i quali e dal canonico prebendato, e dal vicario sono stati le mille volte esortati a fare quest’opera utilissima, ed eccitati con la promessa della loro contribuzione, e udendo non udirono e potendo fare nulla fecero.

Conferendo denaro quelli che avessero la facoltà, facendo qualche roadia nella quale potessero concorrere con l’opera anche i poveri, il comune di Serra-manna avrebbe potuto già da qualche anno gittar sul fiume un solido, comodo, bel ponte.

Nella frequentissima necessità di passare all’altra sponda quando il fiume è gonfio, si dovette supplire malamente con un navicello.

Nelle parti inculte della regione occidentale sono sparsi raramente gli abusi del cistio, e chi ha bisogno di legna deve andare ne’ monti di Villacidro.

In questa parte incolta si trovano volpi, lepri, martore, conigli, e si può far caccia di pernici e nella propria stagione delle quaglie e beccaccie, anitre, colombi selvatici, tortori, gru, oche, merli, tordi. Quando eranvi più spesse e grosse le macchie si trovavano anche cinghiali.

Popolazione. Nel censimento del 1846 si notarono in Serramanna anime 2486, distribuite in famiglie 639 e in case 575. Cotesto totale si ordinava poi così nell’uno ad altro sesso secondo i diversi stati dell’età:

Sotto i 5 anni

mas. 190, fem. 188;

sotto i 10

mas. 164, fem. 147;

sotto i 20

mas. 224, fem. 242;

sotto i 30

mas. 179, fem. 191;

sotto i 40

mas. 161, fem. 161;

sotto i 50

mas. 155, fem. 143;

sotto i 60

mas. 105, fem. 76;

sotto i 70

mas. 67, fem. 52;

sotto gli 80

mas. 21, fem. 16;

sotto i 90

mas. 2, fem. 2.

Quindi si ordinava, secondo lo stato domestico:
Totale de’ maschi1268 in scapoli743, ammogliati478, vedovi47.
Totale delle femmine 1218 in zitelle642, maritate 468, vedove108.


Forse il totale delle anime che abbiamo riferito dal censimento è inferiore al vero, perchè se non si patì nessuna mortalità straordinaria, è credibile che in 12 anni la popolazione siasi aumentata. Ora dalle mie note del 1834 mi risultano anime 2490, distinte in maggiori di anni 20, mas. 790, fem. 836, e in minori, mas. 420, fem. 444.

Nello stesso anno il computo mi dava le seguenti medie del movimento della popolazione: nascite 96, morti 44, matrimoni 19. In questo numero di nascite non sono computate le illegittime, che non sono rarissime. Quasi potrebbesi sospettare che l’antica severità di costumi si fosse di alquanto rimessa per le seduzioni di chi ha mezzi di sedurre.

I serramannesi sono generalmente uomini di tempera robusta, studiosi della fatica, tranquilli, rispettosi della legge, ma alquanto puntigliosi, epperò litigiosi.

Le donne di bella taglia, avvenenti nella gioventù, buone massare.

Il tribunale non fa ordinariamente altro, che giudicare su le ragioni di piccoli interessi, già che si suol litigare per cose che non valgon l’incomodo di presentarsi e valgon meno di quello che si dee spendere.

Questo spirito di litigio viene confortato da tanti scriventi, che per vivere e far fortuna eccitano gli animi e cercano di prolungare le contese con tutte le arti de’ cavillatori, come fanno i medici avari verso certuni che tremano per ogni piccol incomodo, o imaginano di esser malati. È questa una genia di ladri, che dovrebbe esser esterminata da mezzo alla gente semplice.

Talvolta si osservano scandali, che non si possono tollerare, come quando vedesi alcuno che senza studio osa con la protezione del giudice far il procuratore, introdursi nella curia senza titolo e restarci come fosse membro della medesima, e può procacciarsi molti denari smungendo i poveri con patti gravosi, i quali si subiscono, perchè solo per suo mezzo si può ottener giustizia e grazia. Se in questo caso si pensa che il giudice ha parte di quei guadagni, e guadagni vistosi; il giudizio non è temerario.

Si ha in questo paese per i bisogni delle malattie una farmacia, e per cura degli ammalati un medico, un chirurgo e alcuni flebotomi.

La vaccinazione non trova più opposizione, perchè se ne conosce già il bene, e solo si desidera che sieno più zelanti quelli che son pagati per farla.

Le malattie dominanti sono le infiammazioni del petto e dell’addome, e le febbri periodiche autunnali.

La maggior mortalità suole essere nella prima età; il che si attribuisce alla poca cura de’ genitori che lasciano esposti i piccoli a tutte le intemperie atmosferiche, e cibarsi di cibi malsani e di frutte acerbe.

Istruzione elementare. La scuola primaria annovera soli 40 fanciulli, i quali non sono più che un terzo de’ fanciulli d’età tra’ 7 e i 12 anni, che si devono trovare in questa popolazione. Essendo ora per buona e rara sorte commessa l’istruzione a persona idonea e coscienziosa, molti de’ fanciulli accorrenti profittano; ma perchè non si persuadono tutti i padri di famiglia a mandarvi i loro figli, perciò il profitto è meno esteso, che potrebbe essere.

Saranno in Serramanna persone che san leggere e scrivere, tutti compresi 60 in circa.

Da questo si argomenti, quanto poco in altro tempo siasi profittato e per colpa de’ maestri, che si attediavano del loro ministero, e per colpa de’ padri che non si curavano di mandarvi i figli e di obbligarli alla frequenza.

Pagasi al maestro della primaria ll. 300 di stipendio, e questa somma così meschina essendo parsa eccessiva a signori del consiglio trattarono con i frati domenicani per avere un frate a sole ll. 100; ma queste negoziazioni furono rotte per buona sorte, perchè egli è certo che non si sarebbe destinata all’insegnamento una persona di eguali lumi e zelo.

Scuola serale. Per proposta del vicario parrocchiale e per buona volontà del maestro della primaria si è aperta una scuola serale per i giovani adulti, i quali sono già in numero notevole. Speriamo che fra poco si vedranno bei frutti di questa istruzione e che i lumi si propagheranno.

In retribuzione al maestro ogni giovine offre per annuo stipendio una quarra di grano (mezzo starello).

Professioni. Sono applicate all’agricoltura persone 650, alla pastorizia 80, a’ mestieri più comuni e necessarii 40.

Professano officio di notari 8; di procuratori 4, di avvocati 1. Si ha un medico di condotta, un chirurgo, un flebotomo, due levatrici, un farmacista.

Le famiglie possidenti, che prima della distribuzione dei terreni comunali erano poco più di 400, sono poi cresciute quasi al totale. Si è detto che la distribuzione sia qui riuscita come voleasi dal governo, e che tutti abbiano ritenuto la porzione sortita a ciascuno; tuttavolta è vero che anche in Serramanna alcuni concessionari se ne sono spropriati, e che contro il prescritto della legge si è comperato da essi, e contro l’equità si è dato un prezzo di molto inferiore al giusto.

Tra’ possidenti sono forse 75, che hanno ampli poderi e che coltivano in grande tenendo in annuo servigio un sufficiente numero di coloni.

Le donne di questo paese lavorano con instancabile attività, e fabbricano ne’ loro telai gran quantità di panno e di tela per l’uopo della famiglia e anche per venderne. Si sono introdotti molti telai di miglior forma, e quest’arte si è di molto avvantaggiata per cura specialmente del prebendato.

A più della tela e dell’albagio (albaci, che alcuni pronunziano in orbaci), si tessono tappeti, coperte di letto, sacchi, bisaccie, fànove e tovagliuoli fini.

Il divertimento solito dei giorni festivi è la danza al suono delle lionelle (la zampogna), che continuasi nelle sere in una casa abbastanza grande per tutti i giovani nubili (sa teracchia) e per le fanciulle che vi concorrono con le loro madri.

Ogni giovine della società (bagadiu) paga al suonatore una quarra di grano.

Non si fa matrimonio senza capitolazione (sa carta de cojùa), sebbene i due sposi sieno della classe poco agiata.

Così pure si pratica negli altri paesi della pianura.

La guardia nazionale di Serramanna aspetta ancora di essere armata, e di cominciare il suo servigio. L’intendente più volte sollecitato per dare i fucili non ha finora badato a questa bisogna, e pare che non gradisca lo zelo che spiegano in questo gli ufficiali.

Questi e i bassi ufficiali vestono i loro uniformi, ma non fanno altro servigio, che nelle processioni che hanno luogo quasi tutte le domeniche.

Per la custodia delle proprietà si hanno 25 barracelli.

Il giudice di mandamento fa residenza in Serramanna, ed è assistito da cinque persone, cioè da un segretaro, un sostituito segretaro, un sostituito procuratore fiscale, un usciere, un messo.

Agricoltura. Serramanna è uno de’ principali paesi agricoli della Sardegna.

Il suo territorio nelle più parti attissimo alla cultura dei cereali è di una fertilità da non scapitare in confronto con quella di altre celebri regioni granifere; ma vuole una laboriosa cultura.

In quanto poi all’arte agraria devesi dire, che rispettivamente a’ cereali i serramannesi ne sanno a sufficienza per massime tradizionarie e per propria esperienza.

I numeri ordinari della seminagione sono di star. 3500 di grano, 300 d’orzo, 700 di fave, 200 di legumi, 100 di lino.

Sono moltiplicate in annata mediocre le sementi del grano a 14, dell’orzo a 15, delle fave a 12, de’ legumi a 15.

I legumi più comuni sono ceci, lenti, e cicerchie.

A questi prodotti si aggiunge la meliga, alla qual cultura sono siti molto convenienti, e si devono aggiungere le patate, alla coltivazione delle quali non potè tuttavia il canonico Manunta eccitar molti con tutto il suo zelo.

Il vicario parrocchiale fece fare il saggio del riso a secco, che diede il 45 per uno, ma si dubita di imitarlo.

Il fondo granatico del monte di soccorso ascende a più di 2500 ettolitri (star. 5000) e prospera bene amministrato sotto la vigilanza del vicario che è capo della Amministrazione. Si è aggrandito il locale mercè le assidue cure ed i suggerimenti dello stesso vicario, che con tutta sollecitudine studia al vantaggio del suo popolo.

Il vigneto occupa un’area di circa 200 ettari, e sarebbe molto fruttifero, se nella fioritura non fosse offeso dalla nebbia e se meno nuocesse la brina delle notti fredde. La varietà delle uve rosse e bianche per vino e per mangiare sono molte. I vini comuni e fini sono di mediocre bontà comparativamente a quello del Campidano orientale di Cagliari; tuttavolta se la manipolazione fosse meglio intesa potrebbero avere un pregio maggiore.

Sono pochi che traggan profitto dal prodotto delle vigne bastando a’ più se abbiano la sufficienza per la propria famiglia.

Del mosto una piccola quantità si cuoce per sapa, e del vino è pure pochissimo quello che si brucia per acquavite non avendosi nel paese più di tre lambicchi.

Si hanno cinque orti che si irrigano con l’acqua del molino, dove sono coltivate molte specie per provvedere al paese in tutto l’anno.

Egli è però nelle sunnotate tuerre, dove l’orticoltura è esercitata in grande, e si pianta anche la meliga con altre specie esotiche, e quindi non comuni, non solo per il bisogno della popolazione, ma anche per provvedere altri luoghi e la stessa capitale. Prosperano tutte le diverse specie, ma nessuna meglio de’ citriuoli, alcuni de’ quali ingrossano tanto da aver quasi due metri di circonferenza, e sebbene tanto sviluppati hanno un’acqua deliziosa e una polpa che imita spesso il color del corallo. In alcuni le filamenta della polpa sono varie, perchè bianche, rosastre e cerulee, e questi sono di minor bontà. Si possono conservare sino all’estremo inverno e si trovano ancora tali, come se fossero tolti dalla pianta poco prima.

I coloni di questi orti ottengono un notevole lucro da queste frutta, da’ carcioffi, e dalle canne che vendono ai paesi d’intorno.

Gli alberi fruttiferi sono di poche specie e di piccol numero rispettivamente a quanto potrebbero essere, le ficaje dappertutto in gran numero essendo questo il frutto più gradito comunemente, in picciolissimo le altre specie, onde le loro frutta sono desiderate, regalo gratissimo che può riceversi dagli amici. Si domanderà, se amano i serramannesi le varie frutta, se il suolo potrebbe produrle, perchè non coltivano gli alberi che le generano? Forse perchè non ci pensano che quando viene la stagione di quei frutti.

Fra le specie di pochi ceppi erano gli olivi, ma da qualche tempo si è destata l’attenzione de’ coloni sopra i medesimi e si sono piantati alcuni oliveti, sicchè ora tra alberi e arboscelli se ne possono annoverare circa 2000.

Anche i gelsi sono nella minoranza e tutte le sollecitudini del canonico prebendato hanno fatto poco effetto. Si scusa questa negligenza sopra un ramo di cultura che può essere fruttuosissimo, perchè mentre continua il pascolo erratico sarebbe perduta la spesa e l’opera; ma sono certamente de’ siti difesi dal bestiame e potrebbero queste piante coltivarsi anche dentro il paese negli orticelli, e negli stessi chiusi (cungiaus) si potrebbe separare un tratto di terreno.

L’altra specie che si va propagando sono i mandorli e già si possono numerare bene allignate piante 2000 a un dipresso.

In totale tutte le piante fruttifere che sono ne’ tenimenti di Serramanna si possono computare di circa 9000 ceppi.

Sono chiuse molte terre per seminarvi e tenervi a pastura i buoi, i cavalli, e anche le pecore.

Le chiusure sono con grandi siepi di rovi e fichi d’India, e con semplici fosse. La superficie complessiva di questi fondi non è meno di ettari 800.

Pastorizia. Il bestiame di servigio che hanno i serramannesi contiene buoi 800, vacche manse, volgarmente mannalite, 120, con altri 80 capi minori tra vitelli e vitelle; quindi cavalli 120 per tiro, sella e basto, e 450 giumenti per la macinazione del grano, che in parte si fa da essi nella maniera comune, mentre il resto si lavora in due molini idraulici, che sono sempre in movimento.

Si aggiungono 150 majali, che si ingrassano coi fichi d’India e civaje, per provvista de’ particolari che li nutrono, ed una gran copia di pollame.

Il bestiame rude posseduto in altro tempo da’ proprietari di questo comune contava vacche 800, tori 250, porci 2000, pecore 6500. Dopo la concessione de’ terreni demaniali allo stabilimento Vittorio Emanuele e a quello del conte Vesme nella regione di Pimpisu quei numeri sono di molto diminuiti, perchè vennero a mancare repentinamente quei larghi pascoli, onde i proprietari di vacche furono costretti a venderle.

A poco a poco però torna ad aumentarsi la specie vaccina a proporzione della pastura che possono avere i proprietari, e se prendesi miglior sistema per l’educazione del bestiame si avrà molto maggior frutto di prima.

La specie pecorina va essa pure crescendo.

Il prato comunale, destinato al pascolo de’ buoi, ha una superficie di ettari 200. Distante dall’abitato poco più di un miglio fornisce copia di pascolo, ma perchè mal guardato, le sue erbe sono divorate dalle pecore, e dall’altro bestiame rude.

I pascoli del bestiame rude sono incerti e male economizzati: incerti perchè dipende la loro abbondanza dalle pioggie, e se queste ritardano nell’autunno, e se scarseggiano nella primavera, la pastura manca e le bestie muojono d’inedia; male economizzati, perchè invece di procedere da una regione nell’altra, lasciando che nelle une cresca l’erba, nelle altre rigermini, vagano tutti i pastori ad arbitrio e li calpestano tutti.

Il formaggio pecorino (già che le vacche non si sogliono mungere) è grasso e di buon gusto. Sarebbe assai migliore, se fosse fatto con metodi più razionali. Si fa formaggio fino e formaggio di cantina, che vendesi all’estero in notevole quantità.

Nel paese si ha quasi sempre aperta la beccheria.

L’apicultura non è curata, e si potrebbero numerare pochissimi bugni. In altro tempo se ne avea maggior numero il quale diminuissi per imperizia e negligenza de’ cultori.

Commercio. L’articolo primario del commercio de’ serramannesi sono i cereali e si può computare che da quest’articolo guadagnino circa 140 mila lire, e tanto da tutti gli altri prodotti, che si abbia una somma di circa 200 mila.

Sono nel paese forse più di 20 botteghe, dove si vendono articoli di sussistenza, vino, liquori e generi coloniali: in due sole e ben provvedute vendonsi panni e tele, ed altri tessuti di manifattura estera.

Strade. Sono fangose nell’inverno e rendesi difficilissimo il carreggiamento.

Si fanno i trasporti con gli antichi carri sardi. I carrettoni tirati a cavallo sono pochi per difetto di buone strade.

Serramanna tiene prossimo all’austro, dalla parte di sirocco, il villaggio di Villassor, nella distanza di migl. 2 2/3; Samassi verso il settentrione a m. 3; Nuraminis verso levante a m. 4; Santosperato a m. 5 1/2 passando per Villasor; Villacidro a ponente-maestro a m. 8 1/2.

Viaggiando a Cagliari si entra nella grande strada a m. 2 1/2 da Santosperato al sirocco.

Religione. La parrocchia di Serramanna è compresa nella diocesi di Cagliari ed è amministrata da un vicario con l’assistenza di altri tre sacerdoti, conviventi insieme per esser più pronti a’ bisogni del popolo, e per il buon esempio v’è un altro prete senza officio, e restano vacanti due cappellani.

La chiesa parrocchiale ha per titolare e patrono s. Leonardo, ed è sufficientemente capace.

È in un sito alto ed ha un bellissimo piazzale, adorno di piante di ampio orizzonte, e vi si ascende per tre gradinate.

È notevole il campanile per la sua elevazione; ma spesso colpito dal fulmine. È di forma ottangolare e fu architettato da un certo Antonio Calabrès.

Se altre volte abbiam notato che le chiese canoni-cali o della mensa eran le più povere, indecenti, e malservite, non mai abbiam escluso le eccezioni, ed una di queste eccezioni è la parrocchia canonicale di Serramanna, la quale è ben provveduta, decente e benissimo servita dal vicario.

In prova dell’assiduità del parroco nell’istruzione evangelica basti il dire che si trovano moltissime fanciulle e giovani, i quali sanno rispondere sopra tutte le questioni della fede e della morale, che giova si sappiano dal popolo.

Il prebendato (teologo Antonio Manunta) diede buon esempio di paterna sollecitudine per il vantaggio spirituale e temporale del suo popolo, procurandone l’istruzione per renderlo sempre più morale, più industrioso; il vicario (Uda teologo Antonio) mostrossi fin qui tale, che se le parrocchie tutte della Sardegna avessero simili sacerdoti in poco tempo sarebbe migliorata tutta la popolazione. Un mio amico sagace conoscitore degli uomini, che stette in questo paese, scrivendomi della prosperità del medesimo me ne indicava le ragioni nell’assiduità del lavoro di questi paesani, nella intelligenza sempre più illuminata dell’arte, nell’indole pacifica de’ medesimi, nella distribuzione delle proprietà fra molti, e nella istruzione religiosa «mercè le cure dell’attimo vicario Uda, che anche pel cumulo delle altre virtù evangeliche poteva proporsi ad esempio de’ parrochi». E soggiungea sullo stesso soggetto: «Sotto la sua ispezione e per l’intelligenza ed esattezza del precettore della scuola primaria anche quest’istruzione fiorisce, ecc.».

Le chiese minori sono intitolate una dall’angelo custode, l’altra da s. Sebastiano eretta per voto dopo una pestilenza.

Questa chiesetta fu poi data ai frati domenicani che vi fabbricarono un conventino, governato da un priore.

La famiglia religiosa consta di esso priore, di tre sacerdoti e di due laici.

Certamente questa fondazione fu fatta con la intenzione che quei religiosi potessero giovare alle anime con la istruzione religiosa e con ajutare il parroco; ma si venne meno a questo pio intento e quei frati invece di edificare col buon esempio distruggono…!!

Possiede questo conventino un vistoso patrimonio, ma non si sa amministrare, perchè anche queste cure di proprio interesse sono poco gradite a’ buontemponi.

Fuori del paese è la chiesa di s. Maria di Monserrato in sulla sponda destra del fiume a un miglio dal paese verso maestrale: in altro tempo ufficiavasi pure nella chiesetta di s. Marina alla parte di settentrione e in distanza di poco più di un miglio sulla sponda sinistra del fiume, ora è rovinosa.

Le feste principali e di gran concorso di forestieri sono per il patrono della parrocchiale con novena e processione generale addì 6 novembre, e principalmente per la Madonna di Monserrato, che ricorre nel settembre per la Natività.

Nel giorno 7 si trasporta processionalmente il santo simulacro dalla parrocchia alla chiesa campestre suindicata con numeroso accompagnamento di devoti e con la scorta della guardia nazionale, e nel giorno seguente si festeggia in grande allegria.

Vi interviene quasi tutto il popolo, e intera la gioventù dell’uno e dell’altro sesso in vestimenta di pompa, le donne vanno portatevi su carri ben addobbati (is trahas), gli uomini a cavallo e si farebbe deridere chi andasse a piedi.

Dopo la messa e fatti alcuni balli ritornano al paese carri e cavalli, per ritornarvi dopo il pranzo, e di nuovo la mattina e la sera del giorno seguente, quando si riporta in chiesa il simulacro.

In occasione delle medesime tienesi una piccola fiera e nel vespro godesi lo spettacolo della corsa de’ barberi.

Nella corsa degli 8 settembre i premi sono di maggior pregio, così per la corsa de’ cavalli grandi, che per quella de’ puledri, e vengono alla gara i corsieri più vantati.

Il campo-santo è ancora in progetto. Il consiglio ha deliberato di stabilirlo nel luogo, detto Sa Roja.

Antichità. Non mancarono in questo territorio i nuraghi, ma de’ medesimi forse or non appajono neppur i vestigi, perchè mancando in questa regione le pietre fu comodo di prender quei materiali per costrurre le case e per assodare le vie.

Scavandosi nel 1843 per la costruzione della novella sacristia di s. Maria si scopersero fondamenta di costruzione ciclopica o noracica (cioè della maniera dei nuraghi), con diverse sepolture, che si riferiscono ai secoli punici, e molte monete certamente puniche, che ora si ritrovano nel museo privato del canonico Spano, con vasetti lacrimatori, avanzi d’armi, e varie stoviglie, le quali conservano il lucido di diversi colori. Le sepolture erano due metri sotterra.

In altri tempi erano in questo territorio altre popolazioni disposte in diversi punti: poi a poco a poco andarono per varie cause mancando, principalmente per le pestilenze, ed i superstiti si ritirarono in Serra-manna.

Appajono in non pochi siti indizi certissimi di antiche abitazioni, e più chiari che altrove intorno alla suindicata chiesa di s. Maria, la quale dovette essere la parrocchiale di quel villaggio.

Il prebendato di Serramanna conserva ancora il titolo di S. Maria. Questo proverebbe che fosse in quel luogo la parrocchia del popolo, che abita in Serra-manna.

Notisi che la chiesa attuale è di moderna costruzione e più grande, che fosse l’antica.

Sono intorno alla medesima molte loggie per comodo dei divoti.

Il P. Aleo notando i paesi spopolati entro il territorio di Serramanna ne nomina due soli, cioè Syarus eGrugu.

I punti già abitati in altri tempi, oltre il notato di s. Maria, dove era una cospicua popolazione, come provano quelle antichissime vestigie, che accennai scoperte sotto la nuova sacrestia, e le frequenti fondamenta di abitazioni che si trovano intorno, cisterne, vasche, e vari rottami, sono nelle regioni che si appellano diSaboddus e segnatamente dove fu la chiesa di s. Pietro; in quella che dicesi di s. Georgio e Santudeus ambi al ponente di Serramanna, e distanti una dall’altra non più di un quarto d’ora; poi in quelle che sono nominate, una deis Gibas, e l’altra di s. Lucia al meriggio del paese, intorno a s. Marina, verso il settentrione, e al sito delle chiesette di s. Barbara e di s. Antioco dessa Roja verso greco-levante.

Era in quei luoghi antichissima la popolazione, come dimostrano le vetustissime tombe di pietra e di tegole, che vi si scoprono, con ossa, lucerne, vasi e monete di rame.

In una memoria del cav. Stanislao Caboni, inserita negli atti della società Agraria ed Economica di Cagliari, notavasi come quella vicinanza di paesi (della quale in questo Dizionario occorrono frequentissime prove nelle antiche popolazioni, che si indicano esistite nel territorio appartenente al comune descritto), dovesse un tempo favorire i progressi e l’estensione dell’agricoltura; come pel successivo diradamento abbia dovuto prender parte la pastorizia vagante; come or sarebbe condizione essenziale pel miglioramento delle cose agrarie sarde il ravvicinare le popolazioni; e fu per queste convinzioni che nel parlamento propose una legge per consagrare il principio dell’erezione di nuove comuni e dello stabilimento progressivo de’ nuovi centri di popolazione lungo le strade.

Le sue riflessioni sono di una evidentissima verità, e la proposta è d’immenso vantaggio, il vero modo di ampliare e miglior l’agricoltura, di accrescere i prodotti, le ricchezze, la popolazione. Se il colono abita sopra o presso i suoi campi, vi lavora più assiduo, ha il comodo di studiar l’arte, e potendo vegliare ha interi i frutti, e rispettati i suoi lavori.

La pastura erratica, che alcuni patrocinatori de’ supposti diritti del pastorame sulle terre altrui, pretendono antichissima in Sardegna, se lo sia nelle terre montane, non fu nelle regioni agricole più antica dello spopolamento di quelle tante borgate e casali, di cui restano le vestigie e i nomi.

Essendo altre ragioni degne di considerazioni che consigliano a stabilire in tante regioni deserte nuovi casali o ristaurare gli antichi che caddero, basterebbero solo quelle che riguardano il vantaggio dell’agricoltura e l’aumento de’ prodotti; quindi noi in più luoghi di quest’opera, e segnatamente ragionando di quei paesi, che hanno una notevole popolazione e vastissimo territorio in massima parte incolta, abbiamo suggerito di formare certi gruppi di famiglie povere e stabilirli in quelle parti del territorio che sembrino più idonee, soccorrendoli ne’ bisogni del primo stabilimento; il qual dispendio dopo pochi anni produrrebbe al governo un vistoso interesse: e non ha molto suggerimmo al governo che per ovviare agli effetti del malcontento, che potrebbe manifestarsi nell’epoca dell’esecuzione della legge abolitiva della servitù del pascolo, facesse concessioni a’ pastori di terreni a famiglie pastorali associate, obbligandole e stabilirsi in casali formati secondo un disegno conveniente in certi punti sopra le grandi strade, nelle contrade solitarie interne e marittime.

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