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giovedì 14 giugno 2012

Il metodo Jigsaw


Il metodo Jigsaw
Appunti di Anna Carletti

Il modello del Jigsaw, letteralmente puzzle o gioco di costruzioni, è stato sviluppato da Aronsons e dai suoi studenti dell’Università del Texas e dell’Università di California negli anni settanta. La sua nascita è dovuta ad un momento di crisi dell’istituzione scolastica in seguito alla riforma che aveva operato una ristrutturazione del sistema formativo, anche attraverso il brusco abbandono di scuole razzialmente distinte. Si trattava di trovare una modalità per facilitare l’integrazione di studenti ispanici e africani con i compagni anglofoni, riducendo l’alto livello di incomprensione e conflittualità esploso nelle scuole. Il metodo è stato successivamente sviluppato da Slavin che ha maggiormente centrato il lavoro sullo sviluppo di concetti piuttosto che sulle abilità e l’integrazione.
Il Jigsaw si caratterizza per l’enfasi posta sulla strutturazione dell’interazione tra gruppi eterogenei formati da 3 a 6 studenti, in cui ad ogni studente viene assegnata una parte del compito sulla quale si può preparare e confrontare in un gruppo parallelo. Come in un puzzle il lavoro svolto da ciascuno è essenziale per la piena comprensione e il completamento del prodotto finale.



Ad esempio tutti gli studenti leggono un brano da studiare. Ogni studente, nel gruppo di quattro/cinque membri, riceve un foglio di informazioni aggiuntive sul medesimo argomento. Dopo aver letto le informazioni, gli studenti  si incontrano in un 'gruppo di esperti' temporaneo, composto da tutti quelli che hanno studiato lo stesso argomento, lo discutono e ne preparano insieme l’esposizione. Quando ogni relatore ha raggiunto una certa scioltezza e fluidità nell’esporre ritorna nel rispettivo gruppo originale ed insegna agli altri compagni tutto quello che sa su quell'argomento.
A conclusione del lavoro, viene dato un quiz individuale comprensivo di tutti gli argomenti affrontati. L'insegnante informa ciascun gruppo dei miglioramenti ottenuti e dei punteggi del quiz.
Si tratta di una situazione di apprendimento fortemente strutturata e interdipendente, infatti  il solo accesso che ogni membro del gruppo ha rispetto al materiale completo dipende dall’ascolto attento,  la relazione nel gruppo di “esperti”incoraggia il coinvolgimento e l’empatia  e costituisce di per sé uno scaffolding per le abilità di studio e di esposizione. In questo gruppo l’alunno si espone e si esercita fino a quando non è abbastanza sicuro da poter effettivamente contribuire al lavoro del gruppo originale. Ciascuno svolge effettivamente una parte essenziale nell’attività di apprendimento.

Il Jigsaw in 10 mosse:
  1. dividere gli studenti in gruppi eterogenei di 3/6 membri ciascuno.
  2. Dividere la lezione in tanti segmenti quanti sono i componenti dei gruppi.
  3. Nominare uno studente per gruppo come responsabile.
  4. Assegnare ad ogni alunno una segmento, assicurandosi che ogni studente abbia accesso solo alle sue informazioni.
  5. Dare il tempo agli studenti di leggere almeno due volte la loro porzione di studio per impadronirsi della struttura del testo e dei principali concetti, senza il bisogno di memorizzarla.
  6. Stabilire il tempo di lavoro per discutere dei punti essenziali del loro pezzo e per ripetere la presentazione che faranno al gruppo.
  7. Far rientrare gli esperti nel loro gruppo di origine.
  8. Ciascuno presenta la propria parte nel gruppo e gli altri pongono domande di chiarificazione.
  9. Il docente gira tra i gruppi osservando i processi. Se sorgono dei problemi (per es. qualche membro domina sugli altri) interviene in modo appropriato. Può essere anche opportuno lasciare che il "responsabile" di gruppo si occupi di risolvere il problema. I responsabili possono essere aiutati a gestire sussurrando un suggerimento su come intervenire finche non padroneggiano da soli la situazione.
  10. Alla fine della sessione di lavoro fornire a ciascuno una breve verifica individuale (qualche domanda, un test vero/falso, un testo a completamento…), in modo da permettere agli alunni di capire che la sessione non è stata un gioco ma conta realmente per l’apprendimento.


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